Questa politica pastosa su vaccinazioni covid e green pass mi fa rabbrividire, non tanto e non solo per le norme, spesso capestre, che si sono succedute in questo anno e mezzo, ma per l’effetto tifoseria da stadio che sta generando fazioni contrapposte che rischiano di incrinare principi base su cui il sistema sanitario e sociale italiano si fondano.
Trovo scarsa logicità ove leggiamo nelle norme che seduti dentro al ristorante senza green pass non si può stare, ma sempre all’interno del locale con consumazione al bancone va bene senza che vi siano tempi chiari e definiti. Sport si squadra al chiuso no, ma all’aperto sì e così via…
Debole e fuorviante questa logica, ancora una volta centrata su “caute mezze misure” della serie lanciamo il sasso e tiriamo indietro la mano, usiamo restrizioni con le quali lasciamo intendere di voler “responsabilizzare” , additando chi decide di non sottoporsi al vaccino COVID19 contraendogli libertà individuali e facendolo, trasmettendo anche un messaggio solo parzialmente vero rispetto le cautele che la popolazione in generale dovrebbe utilizzare indipendentemente dallo stato vaccinale, e che già normalmente mal comprende e poco applica.
Mi faccio domande e cerco di darmi delle risposte:
Il vaccino serve? Certo che sì.
Mi sono vaccinato? Certo che sì.
Consiglio a tutti i pazienti di vaccinarsi se non ci sono controindicazioni assolute? Ovviamente si.
Penso che gran parte di coloro che non vogliono vaccinarsi facciano un errore motivato da paure ataviche e irrazionali, piuttosto che da visioni distropiche e talvolta deliranti? Anche qui rispondo SI
Si sa a priori che in assenza di norme di obbligo ci sarà una certa quota di soggetti che non vorranno vaccinarsi? Si, Anche questo è nella normalità delle cose.
Personalmente credo, ragionando su ampia scala di popolazione, che per certe patologie e certi vaccini loro correlati, possa essere sensato e opportuno l’obbligo in alcuni momenti storici, mentre per altre, invece, credo servano strumenti diversi che valutino un’azione bilanciata in base ai rapporti rischio/benefici individuali e collettivi.
Credo questo perché sono convinto che in un sistema sociale non esista la libertà assoluta senza limiti e senza regole e vada ben compreso e condiviso ove il limite deve essere posto, nel rapporto tra libera scelta individuale e tutela collettiva. Questo è un limite che può variare in base a molti fattori, ma in un dato momento storico, deve essere chiaro e condiviso ove esser posto.
Ho sempre detto che noi operatori sanitari che ci siamo sottoposti per primi alla vaccinazione anti Sars-COV2, abbiamo fatto un atto di coraggio, conoscendo i limiti e i punti interrogativi di farmaci con autorizzazione d’uso in emergenza, ma consapevolmente scegliendo di agire in quella direzione, senza imposizione.
Sono contento di aver potuto compiere “liberamente” quella scelta, potendo in quel modo dare anche in prima persona l’“esempio”, che vale più di mille prediche, nella convinzione che quella fosse la strada più appropriata.
C’è sempre stato un prezzo per ogni libertà che si invochi, non un prezzo “scontato” o “economico” nella storia.
Popoli diversi e culture diverse sono disposti ad accettare (e talvolta a modificare nella storia) il prezzo che sono disposte a pagare per garantirsi quella che credono essere le libertà di diritto. I significati attribuiti a questi principi di libertà variano in base al filtro che sta negli occhi di chi guarda, e giocoforza giudica, rispetto al proprio personale metro di paragone.
Siamo “liberi” di muoverci con auto, treni, aerei e, per farlo, bruciare tonnellate di combustibili fossili che costano nel globo ogni giorno migliaia di vite e concorrono al noto cambiamento climatico.
Siamo “liberi” di circolare con i più disparati veicoli su strada, al prezzo italiano di oltre 3000 vittime all’anno e oltre 240.000 feriti, che avvengono con le norme e le “restrizioni” che ci siamo dati in termini di limiti di velocità e altre regole del codice della strada.
Alcuni paesi pur di proteggere la “libertà” di potersi difendere con ogni arma, accettano ogni anno il non risibile effetto collaterale di avere continuamente sparatorie nelle scuole e stragi in luoghi pubblici e privati.
Sta tutto a dove si vuole mettere il paletto, il punto di caduta, di equilibrio, chiamatelo come volete.
È su questo punto che evidentemente ci sono visioni molto diverse, su dove sta il punto fermo ove vanno messi i limiti, quel punto di equilibrio tra desiderato, opportuno e realisticamente fattibile. Qualcuno è disposto ad accettare qualunque mezzo per giungere al fine che ritiene giusto, qualcuno non abdica ai propri principi, qualcuno sceglie di rimanere immobile e delegare la decisione, e così via….
Visioni diverse tra chi è disposto ad accettare questo o quello, tra logiche di compromesso e tolleranza/sopportazione anche degli “effetti collaterali” delle altrui libertà individuali.
Non è quindi, a mio avviso, questione di “SI Vax o NO Vax”, opposti estremismi che sono solo semplificazioni di convinzioni personali, e talvolta di deliri lontani dalla realtà oggettiva.
Il nocciolo del problema è, a mio avviso: quanto sono disponibile a comprendere, tollerare o rifiutare la libertà decisionale e di autodeterminazione di un altro soggetto nel sistema sociale in cui viviamo? E quel sistema sociale si ferma ai confini della nazione? O in un mondo globalizzato dovremmo porci un problema più articolato?
Quale limite alle libertà di autodeterminarsi e decidere accettiamo di porre nel nostro paese? Cosa accade se noi facciamo A, e il resto del mondo BCDEFGHI senza un coordinamento? quale è il risultato a breve, medio e lungo termine? Teoricamente rispetto ai primati, l’uomo dovrebbe avere la capacità di creare scenari ipotetici e rifletterci sopra…
Coloro che riducono tutto il ragionamento a due banali etichette, dicotomiche, evidentemente non apprezzano e forse nemmeno comprendono la più ampia complessità del problema, aiutando anche non consapevolmente una inutile e controproducente polarizzazione tra opposti estremismi che fa perdere il senso della complessità del problema e quindi delle possibili articolate soluzioni che oggi, mi par di capire, sono ancora molto provvisorie e di “damage control”, dato che il virus circola, muta, e continua con diverse strategie a eludere i nostri steccati, soprattutto quelli amministrativi e burocratici.
Se come Stato decidi che il vaccino ha un profilo rischio/beneficio utile in ogni fascia di età e sei certo che ci siano gli elementi giustificativi, allora si abbia il coraggio di imporre l’obbligo di legge e fine della questione. Ti assumi onori ed oneri, e si vedranno i risultati, nel bene e nel male.
Se al contrario i dati ti dicono che il profilo rischio/beneficio può individualmente variare in base alla fascia di età ma che su scala di popolazione generale potresti avere un beneficio, allora forse dovrai ipotizzare altre strade, strategie e decisioni, ma che siano coerenti, opportune e soprattutto realizzabili. Nessuno ha tutte le risposte, oggi.
Oggi, tuttavia, dentro tutti questi provvedimenti, di cui si può oramai rilegare un’enciclopedia, vedo spesso mancanti di logiche basilari indipendenti dalle scelte di scontro “politico”. Non trovo scritto, per esempio, che tutti, e dico tutti, andando in un luogo chiuso e affollato come un supermercato, dovrebbero usare una maschera filtrante da FFP2 in su, non una pezzuola qualunque come hanno finora insegnato a fare, eligendo a dispositivo di protezione individuale in deroga qualunque tessuto abbia forma somigliante ad una mascherina.
Non ho visto, per esempio, il principio che chi lavora a contatto con il pubblico nei servizi essenziali, debba essere immunizzato, ma ho solo visto inserito un obbligo monco per poter esercitare in sanità, escludendo peraltro, parte del personale che fa assistenza sanitaria in prima linea (dato che a parere ministeriale, volontari e soccorritori delle ambulanze sono esentati) Dove la logica? Mentre si impone, anche correttamente, la vaccinazione a chi già lavorava bardato per una ulteriore tutela del paziente fragile, lo stesso può serenamente andare in ogni altro servizio pubblico in mezzo a gente che quando va bene spesso usa solo una mascherina chirurgica indossata tenendo fuori il naso. Che logica c’è? La solita logica mezza ideologica e mezza della “mezza misura”, del “vorrei ma non posso”, processo che fa perdere fiducia e credibilità nell’istituzione.
Per quale motivo piuttosto non usare la TV per fare una seria educazione sanitaria alla popolazione, educazione che sia credibile, neutra, senza queste gazzarre televisive di opinionisti che si contraddicono continuamente pur di parlare di argomenti di cui ancora nessuno conosce bene tutti i risvolti. Sarebbe già tanto per far capire a tutti che per vaccinati e non, che pur mediamente con livelli diversi di gravità, esiste comunque la possibilità di ammalarsi ed essere contagiosi, così da disinnescare questo messaggio errato che ha generato nella popolazione l’idea balzana che il vaccinato è ok, si può far tutto e che solo il non vaccinato è ko, con l’effetto di portare la gente ad una generalizzata sottovalutazione del problema.
Un’ultima riflessione.
Siamo il paese che da oltre 40 anni ha scelto un Servizio Sanitario Nazionale Equo ed Universalistico, basato proprio su principi di solidarietà sociale molto ben radicati nel nostro DNA.
Dalla fondazione del SSN questi principi di accollo anche degli oneri derivanti dalle libertà individuali li abbiamo scelti, qualche volta anche mettendo una tassa, come quella sull’ RC auto, per coprire i maggiori oneri derivanti dal rischio che genera, per esempio, chi guida un veicolo, nel produrre costi sanitari.
Tutti paghiamo il SSN tramite le tasse, per avere proprio questa misura di protezione sanitaria collettiva, che copre tutti, senza distinzione di censo, razza, religione: da coloro che fumano a coloro che non lo fanno, coloro che bevono e coloro che non lo fanno, coloro che si ammalano per “colpa” di qualcosa che hanno fatto, e coloro che nonostante le migliori attenzioni sono purtroppo colti da qualche malattia.
La “libertà” di poter andare in un ospedale ed essere assistiti senza che ci venga chiesta una carta di credito, è anch’essa una libertà che paghiamo da molti anni profumatamente, anche sopportando il maggiore costo che deriva proprio da alcuni effetti delle “libertà” individuali, come avere abitudini dannose che comportano malattie, inabilità e costi sociali.
L’ alternativa nel mondo c’è, laddove non si accettano e talvolta sopportano queste “libertà”, talvolta “licenze” altrui, ci sono le note “polizze assicurative”, pagate individualmente da ciascuno in base alle proprie abitudini e rischi, evitando così il peso di dover ripartire su tutti il maggior onere causato dalle male abitudini di ciascuno.
Sono quindi dell’idea che una politica adeguata dovrebbe agire a tutela del nostro sistema, fin quando possibile, agendo almeno su due piani e chiarendo se sia o meno opportuno e fattibile l’obbligo in base ai dati di sicurezza e rischio/beneficio così come agendo, sull’altro lato, con politiche di reale educazione sanitaria.
Ci sono gli estremi di profilo rischio beneficio per ogni fascia di età? Si legiferi l’obbligo, come la costituzione prevede.
Non ci sono o non ci sono ancora gli estremi? allora si lavori per persuadere senza faziose coercizioni che evidentemente siccome parziali, fanno perdere di credibilità a tutto il sistema. Il cliente che entra al ristorante a consumare non può senza green pass, ma cosa dire del cameriere no vax che allo stesso ristorante ci lavora? Magari con la sola mascherina chirurgica? Siam seri per favore….
Si abbia apertamente il coraggio di imporre misure realmente bloccanti la trasmissione, partendo dalle maschere adeguate, e se proprio proprio si abbia il coraggio di esprimere un principio di resposabilizzazione che spieghi che il maggior rischio e i maggiori costi che i soggetti non vaccinati producono, si deve tradurre in una contribuzione obbligatoria aggiuntiva. Al pari del maggior rischio di fare morti e feriti che dobbiamo pagare quando versiamo la RC Auto o delle tasse su alcolici e tabacchi.
Serve interrompere a mio avviso questa “politica del nascondino”, si facciano norme di principio, chiare, applicabili a tutti e si attivi una seria campagna di educazione sanitaria che sia occasione per insegnare come prevenire la trasmissione di questa e di altre malattie infettive e diffusive, cogliendo l’occasione per fare quello che la scuola per anni purtroppo non ha fatto, la si imponga a certi settori come si impone il corso per gli alimentaristi.
Perché al di là della retorica, dobbiamo essere anche realisti e pragmatici: abbiamo malattie molto meno diffusive e pienamente note nella trasmissione e nella curabilità, come la Lue, cinquecentesco “mal francese”, chiamato dai francesi “le mal des italiens”, che ancora circolano oggi senza tutto il clamore mediatico, senza spargersi per aria, e siam veramente così fiduciosi riusciremo a debellare il covid con queste norme? o piuttosto dovremo imparare a conviverci?
È utile continuare ad alimentare la lotta tra due immaginarie fazioni, racchiudenti in realtà un’immensa complessità di pensieri e valutazioni eterogenee? Dobbiamo essere consapevoli che da queste politiche il passo è breve a spingere la popolazione verso uno sfrenato individualismo non degno della nostra storia e della nostra cultura.
Se spostiamo troppo il punto di equilibrio che storicamente ci siamo dati, comprendendo come sia anche istintivo voler limitare gli altri in certe loro prerogative, magari decidendo che se fumi, bevi, o hai comportamenti che ti espongono a maggior rischio, allora quei costi umani e sociali te li paghi da solo, si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca. C’è un limite oltre il quale questo mantra, spingendo alle fazioni, tipo guelfi e ghibellini, rischia di portare alla rottura dello stato sociale, motivo per il quale quello che si è scelto fino ad ora, con tutte le condizioni di “probabilità” notoriamente generanti malattie e costi si è scelto di accettare e ripartire “pesi” e “rischi”, cercando di fare tutto quanto in suo potere per ridurli al minimo, arginando gli eccessi ove possibile.
Or bene quindi, tutto sta a dove si vuol porre il proverbiale “limite”, limite quale punto di caduta, quale punto di equilibrio, comprendendo che non tutto è sotto il nostro controllo e non tutto risponde al nostro desiderato. Credo questa grafomania di norme, decreti, dpcm, dovrebbe essere meglio riflettuta nell’ottica di produrre provvedimenti che non sacrifichino i principi rispetto i “mezzucci”, con una visione ampia, salda sui principi cardine, assumendo responsabilità e conseguenze – ed è proprio il caso di dirlo - “nella buona e nella cattiva salute…”
Comentarios